Sovranismo e populismo confusi nella realtà

Oggi non esiste alcun paese al mondo che non sia sovranista, a cominciare dagli Usa il cui motto è, non solo ora, America first

 di Fabrizio Pezzani

“La crisi del nostro tempo”, anticipava già nel 1941 Pitirim Sorokin, ha radici nel fallimento di un modello socioculturale che per lungo tempo ha plasmato i nostri modelli di vita e di convivenza. La storia si ripete, come aveva intuito Giovan Battista Vico nel 1724, perché si alternano modelli sociali in cui prevale una maggiore tensione spirituale ed affettiva, l’Eros, ad altri in cui prevale l’aggressività, la conflittualità e la guerra di tutti conto tutti, la Thanatos.

I due archetipi (Eros e Thanatos, appunto) creano modelli culturali diversi. Il primo (Eros) è più creativo e solidale mentre il secondo è di tipo materialistico, aggressivo ed individualista. Se prevale Thanatos, come sta avvenendo adesso, crolla la creatività a favore di una cultura grossolana attenta all’esteriorità, al guadagno facile in tutti i campi (arte, diritto, cultura, economia, educazione) in un deserto di idee e alla guerra di tutti contro tutti.

Oggi siamo esattamente in questo contesto materialistico simile al tardo Impero Romano in cui la perdita di coscienza sociale a favore dell’interesse personale e l’aridità creativa stanno portando al collasso della società occidentale. Come ha scritto lungamente il filosofo Emanuele Severino, la «Tecnica» ed il pensiero deterministico sono stati eretti a valore morale da una cultura attenta ai numeri, alla nozionistica, alla statistica sociale come se gli uomini fossero tutti uguali. Però la cultura deterministica e razionale non è compatibile con la democrazia e la creatività. Il confronto tra questi due mondi diventa perciò inevitabilmente aggressivo e verbale e le parole sono usate non per esprimere concetti, ma come semplici echi nel vento.

L’esempio più evidente è dato dall’uso improprio di termini come «populismo» e «governismo» assunti come denuncia di comportamenti lesivi della democrazia di una parte verso l’altra in un contesto storico in cui questo uso è paradossalmente asimmetrico alla realtà dei fatti; proviamo ad analizzare l’ipocrisia nel loro uso.

Per «populismo» si intende genericamente una prassi politica che mira a rappresentare il popolo e le grandi masse esaltandone valori, desideri, frustrazioni e sentimenti collettivi da rappresentare nei confronti delle élite che spesso si allontanano dal bene comune. Così nel discorso di Abramo Lincoln a Gettysburg il 19 novembre 1863, che rappresenta una pietra miliare nella storia americana: «Noi qui solennemente si prometta… che questa nazione guidata da Dio abbia una rinascita… e che l’idea di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo non abbia a perire dalla terra».

Il senso più positivo del “populismo” si lega all’idea di una democrazia diretta, oggi completamente dimenticata; il termine è stato usato anche in modo dispregiativo per indicare fenomeni demagogici alla Peron o funzionali ad interessi diversi, oggi che la storia ci mette di fronte al crollo della democrazia sostituita da personaggi creati da interessi superiori che le governano. Paradossalmente, i veri populisti nel senso negativo sono proprio quelli che usano quel termine per condannare gli altri, ma la confusione, alimentata da media spesso collusi, regna sovrana.

Il termine «sovranismo» invece, secondo l’enciclopedia Larousse, è una dottrina politica che sostiene la preservazione o la ri-acquisizione della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato in contrapposizione alle istanze ed alle politiche delle organizzazioni internazionali e sovranazionali. Il termine è usato oggi come una condanna, ma diventa un’ipocrisia frutto di ignoranza la denuncia di sovranismo a chi cerca di preservare in processi aggregativi tra paesi e al loro interno la conservazione dei legami con le radici che nei secoli hanno creato le differenti società.

Anche in questo caso è paradossale e strumentale la denuncia di sovranismo nel momento in cui tutti gli equilibri globali stanno saltando, ed oggi non c’è un solo paese al mondo che non sia sovranista a partire dagli Usa – America first -. Così diventano sovranisti quelli che provano a non piegarsi come un tappeto cercando equilibri sociali collaborativi; ancora una volta i peggiori sovranisti sono proprio quelli che denunciano l’altra parte perché sono loro quelli che non vogliono perdere il potere, la loro sovranità demagogica con ipocrisie verbali.

È ora che la gente prenda coscienza delle parole che pronuncia al fine che abbiano un contenuto e non siano solo echi nel vento. Spesso piegate a utilità di parte.

Fabrizio Pezzani

Professore ordinario di Economia aziendale presso l’Università Luigi Bocconi. Docente senior dell’Area Public Management & Policy della SDA Bocconi. Ha insegnato nelle Università di Parma, di Trento e di Brescia; è membro del comitato scientifico della Fondazione ‘Centesimus Annus pro Pontifice’ e di svariati Editorial Board di riviste internazionali di economia; è stato fino al 24 febbraio 2013 presidente del collegio dei revisori di Milano. È autore di contributi importanti sia a livello nazionale che internazionale sui temi dell’economia aziendale italiana fondata sulla realizzazione del bene comune.

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La foto di copertina è di Dominika Kukułka da Pixabay

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