B-Corporation, Organizzazioni Teal ed il pensiero di Rudolf Steiner

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B-Corporation, Organizzazioni Teal ed il pensiero di Rudolf Steiner

Il testo dell’intervento di Aurelio Riccioli

Nella giornata dedicata a: “B-CORP & TERZO SETTORE. NUOVI ORIZZONTI IMPRENDITORIALI PER RICOSTRUIRE IL CAPITALE SOCIALE“, organizzata dal Complexity Institute il 5 marzo 2016 a Torino, l’intervento di Aurelio Riccioli è stato dedicato a ciò che accomuna l’attuale fenomeno delle B-Corporation con il pensiero di Rudolf Steiner, padre dell’antroposofia – ed in particolare con la sua visione dell’organizzazione sociale come organismo vivente secondo il modello della “Tripartizione sociale” – e con i nuovi modelli organizzativi che stanno emergendo e che Frederic Laloux, nel suo libro “Reinventing Organizations“, ha definito “organizzazioni teal” e che rappresentano un nuovo salto evolutivo nella coscienza umana.

Ecco il testo dell’intervento di Aurelio Riccioli:

Buongiorno a tutti!
Un paio di cose prima di iniziare: innanzitutto un sincero ringraziamento al Complexity Institute per avermi dato la possibilità di partecipare a questo evento! E poi due parole appena sull’Istituto per la Tripartizione sociale che oggi qui rappresento; si tratta di una istituzione culturale apartitica, apolitica e senza scopo di lucro che ha come propria mission quella di approfondire e diffondere il pensiero sociale di Rudolf Steiner, il filosofo austriaco vissuto tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento che tanti impulsi rinnovatori ha donato al nostro tempo: dalla pedagogia Waldorf all’agricoltura biodinamica, dall’euritmia alle innovazioni in campo medico, architettonico, pittorico e appunto sociale.
Ci si potrebbe domandare per quale motivo, per inquadrare un fenomeno del nostro tempo come le B-Corporation, si debba far ricorso ad un pensiero che risale ormai a quasi cento anni fa. In realtà quando Rudolf Steiner enunciò la sua visione sociale, questa fu capita ben poco ed ancora oggi invero risulta alquanto ostica. Molte delle idee allora esposte apparvero assurde e praticamente irrealizzabili; oggi molti di quei pensieri iniziano a ricevere un numero crescente di riscontri dai fenomeni più interessanti del nostro tempo. Ciò deriva in buona misura dal fatto che Steiner non formulò un rigido programma né diede soluzioni valide una volta per tutte. Egli diede invece dell’organismo sociale una visione vivente e nuove prospettive con le quali poterlo comprendere.

Qui possiamo dare appena pochi cenni della Tripartizione sociale, che Steiner nel suo libro “I punti essenziali della questione sociale” inizia a spiegare aiutandosi con una analogia tra l’organismo sociale e l’essere umano. Quest’ultimo si articola in tre sistemi indipendenti ma profondamente interconnessi e in equilibrio dinamico tra di loro: il sistema neuro-sensoriale centrato nella testa ma diffuso in tutto il corpo, il sistema ritmico (respirazione, circolazione del sangue), centrato nel torace eppur presente anche in periferia e infine il sistema del ricambio (organi e attività deputati alla nutrizione e movimento) localizzato soprattutto negli arti. Allo stesso modo l’organismo sociale si articola in una sfera statale (o giuridica), in una sfera economica e in una sfera culturale/spirituale (o della società civile). Lo Stato dovrebbe occuparsi unicamente della vita del diritto pubblico, di tutto ciò che emerge tra uomo e uomo e li rende uguale davanti alla legge; la sfera economica dovrebbe occuparsi solamente della produzione, della circolazione e della consumazione delle merci; la sfera culturale/spirituale abbraccia tutto ciò che si potrebbe dire deriva dai talenti individuali e quindi la cultura, l’arte, la religiosità. Ciascuna sfera deve mantenere la propria autonomia e indipendenza di fronte alle altre, pena l’insorgere del malessere sociale. Se è la sfera statale a prevalere ci troviamo in uno stato autoritario e tirannico, se è invece quella culturale a soverchiare le altre allora ne risulterà una teocrazia, se prevale l’economia ci troviamo…nel mondo occidentale, ossessionato da profitto e crescita… Completano il quadro una concezione rinnovata del lavoro, della moneta, della proprietà e soprattutto una economia associativa, una economia che non è tesa alla massimizzazione del profitto ma al soddisfacimento dei bisogni umani attraverso la concertazione di associazioni tra consumatori e produttori. Una visione olistica si direbbe forse oggi, certamente non analitica e riduzionista. Ed è sintomatico come oggi in molti dei più interessanti ed acuti osservatori del nostro tempo – che magari nulla sanno del pensiero sociale di Rudolf Steiner – inizino ad emergere molte delle conclusioni cui egli arrivò cento anni or sono a dimostrare quanto la sua visione fosse radicata nella realtà.

Tuttavia c’è ovviamente ancora tanta strada da percorrere e grandi cambiamenti sono senz’altro necessari. Molte persone oggi sperimentano il nostro tempo quasi si trovassero davanti ad una soglia, c’è la sensazione e l’aspettativa che “qualcosa” debba assolutamente cambiare pena la rovina o addirittura il caos sociale. Oltre alle nubi minacciose si percepiscono però anche delle grandi opportunità e indubbiamente viviamo tempi straordinari, tempi di grandi cambiamenti e trasformazioni. Ma in fondo in ogni tempo si produce una qualche transizione, l’essenziale consiste nel riuscire a vedere cosa c’è prima e cosa c’è dopo.

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Vorrei provare ora a tratteggiare questo “prima” e questo “dopo” condividendo con voi un libro molto interessante, un sintomo se vogliamo, un libro uscito nel 2014, si tratta di “Reinventing Organizations” di Frederic Laloux. In questo libro, di cui si potranno dare solo dei cenni per ragioni di tempo, in modo alquanto originale, l’autore, che per inciso non sa nulla del pensiero di Steiner, descrive l’evoluzione delle organizzazioni umane considerandole come un riflesso dell’evoluzione della interiorità umana. Secondo Laloux infatti, un fenomeno poco osservato è che ad ogni salto significativo compiuto dalla civiltà umana, non solo sono comparse innovazioni politiche, economiche, tecnologiche, religiose e sociali ma soprattutto sono comparsi dei nuovi modelli organizzativi. Questi ultimi in parte coesistono gli uni accanto agli altri ma soprattutto esistono intorno a noi già i primi esempi di organizzazioni che appartengono, secondo Laloux, al prossimo stadio evolutivo o di coscienza che dir si voglia.
Laloux associa ad ogni modello organizzativo apparso sulla scena della Storia, un colore. Le prime organizzazioni stanno quindi nel campo dell’ ”Infrarosso”: sono le prima bande o clan dediti a razzie e saccheggi in un periodo compreso tra i 50 e i 100 mila anni fa. Gli individui non si sentono separati e distinti gli uni dagli altri, appartengono tutti allo stesso sangue che in quanto gruppo rappresenta il vero individuo a questo stadio evolutivo.

Seguono le organizzazioni cui viene attribuito il colore “Magenta”, intorno ai 15.000 anni fa. Qui si ha il passaggio dai clan e dalle bande alle tribù da qualche centinaio di individui. In queste comunità si vive in simbiosi con la natura da cui non ci si sente separati ma profondamente connessi attraverso legami magici.

 Il paradigma successivo è quello “Red”, con il quale finalmente compare una organizzazione vera e propria – circa 10.000 anni fa. Le sue caratteristiche: costante esercizio del potere, la paura come collante per tenere uniti coloro che vi fanno parte; tuttavia sono molto reattive sebbene l’orizzonte che traguardano è di brevissimo termine. La metafora che le descrive è il branco di lupi. Lo stile di leadership è predatorio. Le innovazioni principali introdotte sono l’autorità di comando e una prima suddivisione dei compiti. Esempi attuali di organizzazioni “Red”: organizzazioni criminali, mercenari, bande di strada.

Alle organizzazioni “Red” subentrano poi quelle “Amber” (ambra o giallo). Qui le caratteristiche
sono: ruoli altamente specializzati, struttura piramidale, comando e controllo di tipo top down.
Compaiono i primi processi che assumono l’aspetto di leggi immutabili (“si è sempre fatto così…”). La metafora che meglio le descrive è l’esercito. Lo stile di leadership è paternalistico e autoritario. Le innovazioni principali apportate da queste organizzazioni sono i ruoli formali e i processi. Esempi attuali: le chiese, gli eserciti e le istituzioni governative.

Lo stadio successivo è rappresentato dalle organizzazioni “Orange”. Le sue caratteristiche: la competitività, il profitto e la crescita. L’innovazione è necessaria per rimanere al top. Compare una gestione per obiettivi (comando e controllo sul cosa, libertà sul come). La metafora che descrive questo approccio è quello della macchina: il mondo è una macchina complicata. Lo stile di leadership è orientato agli obiettivi e decisionale. Le innovazioni “Orange” principali: la responsabilità individuale, l’innovazione e la meritocrazia. Esempi attuali: multinazionali, imprese strutturate per silos funzionali, il modello certamente più diffuso oggi.

Il paradigma che segue è quello “Green”. E’ caratterizzato da una profonda enfasi sulla cultura e sui valori, sulla responsabilizzazione e sulla motivazione profonda di coloro che lo incarnano. Lo stile di leadership è orientato al consenso e partecipativo, la metafora che lo descrive è la famiglia. Le innovazioni principali che introduce sono la responsabilizzazione, il concetto di stakeholder, la cultura e i valori. Esempi attuali: Zappo’s – produttore americano di scarpe, abbigliamento ed altri ancora.

Il paradigma successivo è quello “Teal”. Le organizzazioni che lo incarnano sono delle vere e proprie enclavi organizzative del futuro all’interno del mondo attuale. Le sue caratteristiche: scomparsa della gerarchia in favore dell’auto-organizzazione; organizzazione intesa come comunità ed entità vivente; visione olistica. Lo stile di leadership è “distribuito”, le decisioni possono essere prese da chiunque e il potere è anch’esso distribuito. La metafora che la descrive è l’essere vivente. Le innovazioni principali sono: l’auto-organizzazione, il concetto di “wholeness” e di finalità organizzativa. La sola massimizzazione del profitto non ha alcun senso; l’organizzazione ha il compito di far collimare lo sviluppo individuale con lo scopo che l’azienda si è data coltivando tutte le dimensioni dell’umano: emozionale, culturale e spirituale. Gli esempi più significativi sono Burtzoorg, Patagonia, Morning Star, FAVI, solo per citarne alcuni.

Ora è interessante come Laloux collochi le B-Corporation all’interno della sua visione evolutiva delle organizzazioni. Laddove le C-Corps (la prospettiva ordinaria di massimizzazione del profitto) sono fondate sulla nozione di valore per gli azionisti (quindi paradigma “Orange”), le B-Corps derivano dal concetto della prospettiva dello stakeholder e quindi appartengono al paradigma “Green”. Nelle B-Corps d’oltreoceano, una disposizione speciale richiede almeno due terzi o più dei voti del consiglio di amministrazione per le modifiche del controllo, della struttura o dello scopo. Queste disposizioni offrono una certa protezione agli imprenditori che desiderano raccogliere capitali, ma hanno paura di perdere il controllo delle loro attività incentrate su una missione sociale o ambientale. Sono quindi il tipo di costrutto legale che consente di sperimentare nuove forme d’impresa e favorire quindi la transizione verso il paradigma “Teal”.

Non ci sono organizzazioni errate e nessuna rappresenta il “male”. Ciascuna nel momento in cui si è presentata ha risposto a determinate necessità ed ha sviluppato determinate innovazioni. Il “male organizzativo” è semplicemente un paradigma che sopravvive in un tempo che non è più il suo. Ed ora è tempo di cambiare livello di consapevolezza e approdare ad una nuova visione del sociale. Qui sta il “prima” e il “dopo” di cui si è detto poco fa. Possiamo dire ancora qualcosa di più su questo “dopo”? Laloux nel capitolo finale del suo libro, si pone delle domande interessanti: potrebbe essere che in una società “Teal”, non dovremmo più pensare in termini di proprietà come oggi la conosciamo? Vi leggo testualmente ciò che dice in merito:

ha ancora senso per un individuo o un’organizzazione di possedere terra, materie prime, o anche qualcosa di così banale come un macchinario? […] Può una fabbrica semplicemente decidere di buttarlo in una discarica o lasciarlo marcire quando non ne ha più bisogno? Può la fabbrica davvero pretendere di possedere la macchina? Io non sto suggerendo che torneremo ai giorni dei clan e delle tribù in cui i beni venivano gestiti in regime di proprietà comune. Nell’evoluzione, la risposta è raramente in un ritorno a formule del passato. Ma potremmo inventare qualche concetto che trascenda sia la proprietà collettiva che individuale. Forse sarà basata sul concetto di gestione (stewardship). Una fabbrica può contare sui diritti esclusivi per l’uso di una macchina per il tempo in cui essa ne fa buon uso.

Tutto ciò si avvicina davvero molto al concetto di proprietà quale Rudolf Steiner lo espresse intorno al 1919, una sorta di testimone che passa via via tra le mani di coloro che sanno gestire al meglio una data risorsa. Ma c’è dell’altro: ritorniamo per un attimo allo schema di Laloux sul progressivo espandersi della consapevolezza umana in ambito organizzativo, e chiediamoci: quale potrebbe essere il passo successivo dopo la proprietà? Le organizzazioni “Red” non sono che l’espressione a livello organizzativo di un ego ben radicato. Con il paradigma “Amber” questo ego si muove un poco verso la periferia del proprio raggio d’azione. Il modello “Orange” inizia a gettare uno sguardo oltre, verso il mondo esterno, ma ancora per sfruttarlo e utilizzarlo in modo egoistico. Con il modello “Green” ci si rende conto che “non siamo soli”, siamo partecipi di un ecosistema ed è essenziale essere consapevoli del punto di vista di ciascun stakeholder. Come impresa significa che dobbiamo assolutamente divenire consapevoli delle esternalità che inevitabilmente produciamo con il nostro operare. Che cosa potrebbe significare portare consapevolezza nei rapporti tra produttore e consumatore in un modo sostenibile? Significa realizzare una economia associativa basata appunto sul loro libero associarsi come Steiner indicò nel 1919.

Si potrebbe continuare ancora affrontando i temi del lavoro, della moneta ed altro ancora ma il poco tempo non me lo permette. Basti dunque dire che nell’ultimo secolo, l’uomo non è stato capace di evolvere per forza propria le categorie di pensiero che stanno alla base dell’organismo sociale. Oggi vi è costretto a causa delle immani sfide che il terzo millennio gli pone drammaticamente davanti: globalizzazione, sconvolgimenti climatici, migrazioni epocali, sovrappopolazione, depauperamento delle risorse agricole e si potrebbe purtroppo continuare. Ma non ci manca nulla per porvi rimedio, viviamo tempi davvero straordinari e possiamo compiere collettivamente la transizione “Teal” di cui abbiamo bisogno e preparare quanto prima il prossimo passo.
Utopia? In Olanda, Burtzoorg, una impresa che si occupa di assistenza sanitaria a domicilio e che pur non essendo formalmente una B-Corporation, tuttavia ne incarna la filosofia con gli strumenti giuridici che ha a disposizione, conta oggi oltre 7.000 dipendenti e controlla il 65% del mercato. Una dimostrazione evidente che queste organizzazioni sono oltremodo performanti e possono consentire una transizione verso un nuovo livello di consapevolezza senza traumi sociali. Ecco dunque infine una buona ricetta per affrontare la transizione del prossimo paradigma evolutivo: B-Corporation e approccio Teal, forma (giuridica) e sostanza!

Ne “I punti essenziali della questione sociale”, Steiner scrisse:

Molti si sentono oppressi dalle vicende del tempo e disperano della forza di idee creatrici. Essi «attendono» finché le «condizioni» creino una situazione più favorevole. Ma le «condizioni» non creeranno mai altro, se non ciò che in esse sarà stato piantato da idee umane.

Benvenute quindi B-Corporation!
Grazie!

Aurelio Riccioli, Istituto per la Tripartizione


per informazioni:
info@complexityinstitute.it
franciscovarelaproject@gmail.com

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